venerdì 30 agosto 2013

le ragazze straniere


Uscita per la prima volta dopo tempo con persone con le quali ero sinceramente a mio agio, in un primo momento mi invade una sorta di pigrizia quando capisco che a quell'aperitivo si parla inglese.
Una nuova ragazza, amica della mia amica fa una serie di domande interessanti a me e all'altra ragazza per alloro condizione di single, tra le quali: "cosa volete?" "volete sposarvi?"o "cosa ne pensate delle ragazze straniere?".
Rimandato ad altri post il primo argomento, mi ha interessato soprattutto quest'ultima domanda.
La domanda mi aveva incuriosito perché nel corso della conversazione avuta fino a quel momento mi aveva invaso un pensiero che non si affacciava per la prima volta e che avevo avuto spesso quando mi era capitato di vivere all'estero qualche anno fa: le non-italiane erano più simili a me in quanto più semplici e dirette, meno legate ai cliché che invadono il Paese più bello del mondo, gabbia e fiore all'occhiello di tutti noi. Condizione insita e tatuaggio invisibile che ci portiamo addosso dovunque andiamo, il "made in Italy" dell'impostazione mentale, malata ed infondo sempre orgogliosa, che è quella che abbiamo.
Imbarazzata all'ipotesi di rispondere frettolosamente e con troppa diplomazia a quella domanda, per un attimo mi è venuto in mente che la differenza c'è, eccome, e che loro difficilmente potrebbero capire quello che differenzia - nel bene e nel male - una trentenne inglese da una italiana. Pensiero che subito ho rifiutato, pensando: ok, ma da una romana o da una milanese? Da una calabrese che vive in una grande città da 10 anni? E in quale? Nel rispondere, queste italiane alle quali sarei stata più simile, non erano quelle con cui, solo pochi giorni prima, mi annoiavo in una situazione simile a quella in cui, invece, in quel momento stavo bene?
 D'altra parte, ormai (ricordiamoci che ora ho la saggezza da trentenne) non idealizzavo più questo o quel paese, l'una o l'altra tipologia di comportamento, intuendo come anche loro, per quanto apparentemente più unite, in realtà fossero mosse dagli stessi nostri desideri ed obiettivi e che fossero deboli ed umane, proprio come tutte noi. Il pettegolezzo che la mia amica mi aveva rivolto e che aveva per oggetto  l'altra poi, una volta che la seconda aveva lasciato la stanza, confermava tutto.
La torre di Babele, l'umanità, il villaggio globale e Roma: la necessità, l'antistress, l'universale passatempo femminile di parlarsi alle spalle.
Ammetto di non capire "le straniere" quando vedo lui e lei in macchina e lei che si mette alla guida. Lui non le vuole risparmiare la fatica di guidare? Perchè non si è messo al volante? Perché lei ha tanta voglia di guidare?
Ho sentito da un amico che viveva in Inghilterra racconti un cui le mamme inglesi dalla 5 Pounds al bambino dicendogli per pranzo di andare al Mac Donald's invece di cucinare per lui. Il che, secondo quella che è la nostra educazione, equivarrebbe come gravità a quella di un omicidio. Ma è davvero così? Non ci macchiamo anche noi di reati altrettanto gravi e non ce ne accorgiamo? e se sì, quli sono?
Non condivido il modo in cui le sento parlare di sesso, rendendomi conto che è davvero quella la loro ottica sul tema, non mi riconosco nella loro capacità di vedere il sesso in sè e per sè, sdoganandolo da altri concetti ai quali, vuoi o non vuoi, noi italiane finiamo per essere legate. Non è l'impostanzione cattolica della nostra cultura nè una sorta di romanticismo dell'ultim'ora, neppure mi sento di dover dare all'"atto" una particolare importanza, perchè non è questo: si tratta, secondo me di un modo per conservare dignità, amor proprio e perchè no, equilibrio nel rapporto, paradossalmente salvaguardia della passionalità se capite cosa voglio dire.
 Ma poi anche la mia amica inglese ci rimane male se lui non la richiama, perché persiste nello "starci" - lo so, è un termine anni 70 - la prima sera? Perché, dice lei, se una cosa nasce nasce e il sesso arrivato subito non conta, se due persone si piacciono veramente. Penso che non sia così ma, sulla base della mia esperienza personale, non ho prove che dimostrino il contrario.
Alla domanda iniziale allora rispondo con sincerità, senza passare per frasi politicamente corrette che esigeva la situazione: sono stata anch'io all'estero, ero io la straniera e se mi fossi innamorata, avrei vissuto là e voluto una relazione come chiunque. Non c'è differenza. E' incredibile come non ci sia differenza: con le dovute differenze, solo culturali ma mai davvero significative, siamo tutti davvero qui per lo stesso motivo, siamo davvero le stesse persone.  Poi un gelato, altre calorie se se assunte tutte insieme non contano e dai, allora aggiungimi su Facebook e si torna a casa.


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